Chi siamo

L’idea di raccogliere, catalogare e pubblicare la scansione di vecchie cartoline raffiguranti i rifugi del Club Alpino Italiano nasce dal desiderio di condividere e diffondere informazioni storiche su queste strutture, appartenenti alle diverse sezioni del CAI.
Le cartoline presenti sul sito provengono in gran parte dalla collezione privata di Alberto Zanellato.

Come nasce l’idea?

Avevo poco più di dieci anni quando, durante le vacanze estive ad Alleghe, nel Bellunese, partivo con la mia famiglia per lunghe escursioni in montagna. Ogni giornata iniziava presto: prima il pane fresco, poi gli zaini ben chiusi e via, su per i sentieri, tra boschi e prati profumati d’erba appena falciata. Per me era una festa. Se poi l’itinerario prevedeva una sosta o l’arrivo in un rifugio, la gioia era doppia: potevo aggiungere un’altra cartolina alla mia collezione.

Mi chiedevo spesso: “Chissà se un giorno potrò dire di aver visitato tutti i rifugi del Club Alpino Italiano?” Oggi, a quasi cinquant’anni di distanza, posso dire di essere a buon punto. Ma più che dei miei traguardi, voglio parlare delle trasformazioni che, negli ultimi decenni, hanno interessato i nostri cari rifugi alpini. Per esigenze funzionali e normative, molte strutture sono state ristrutturate e adeguate, talvolta avvicinandosi sempre più a normali esercizi commerciali.

Eppure, per sua stessa definizione, un rifugio è qualcosa di diverso da un ristorante o un hotel. L’esperienza è unica: dopo ore di cammino e fatica, un semplice piatto di pasta o un minestrone caldo diventano un’autentica prelibatezza. In un ristorante di città lo stesso piatto passerebbe inosservato. Anche il riposo è diverso: in rifugio si accetta di dormire in camerate condivise, mentre in un hotel sarebbe impensabile.

Ma torniamo per un momento alle origini. I rifugi nacquero poco dopo la fondazione del CAI per rispondere a un’esigenza precisa: offrire agli alpinisti un punto d’appoggio prima di affrontare la salita alla vetta. All’epoca non esistevano strade d’alta quota né impianti di risalita: raggiungere certe altitudini richiedeva ore, talvolta giorni di cammino. Era quindi fondamentale costruire strutture, seppur spartane, che offrissero riparo e ristoro. Ma la loro realizzazione non fu affatto semplice.

A questo proposito, è doveroso ricordare con gratitudine tutti quegli uomini “romantici” che, con impegno e sacrificio, trasportarono in quota il materiale necessario alla costruzione delle prime Capanne-Rifugio. La prima fu realizzata nel 1866 dal CAI di Torino ai piedi del Monviso.
Oggi mi domando quale sia il vero ruolo del rifugio alpino. È un presidio ambientale, culturale e territoriale o solo una tappa intermedia o finale? O ancora, un trampolino per l’attività alpinistica? Le risposte possono essere molteplici, ma una cosa è certa: il rifugio rimane un protagonista autentico della montagna, insieme ai suoi gestori e collaboratori, che ne rappresentano l’anima vera.

Samuele Manzotti, presidente della Commissione Rifugi del CAI, lo riassume così:”I rifugi, per gli scalatori, sono frutto della generosità, dei sacrifici e della dedizione di tante persone, cittadini e valligiani, che li hanno costruiti, gestiti, conservati e migliorati a vantaggio della grande famiglia degli appassionati di montagna.”
Sono pienamente d’accordo. Aggiungo, però, che ogni intervento di adeguamento, se porta a un’eccessiva urbanizzazione dell’ambiente montano, rischia di privarci di un territorio prezioso nella sua autenticità. Ritengo fortunati coloro che hanno potuto vivere la semplicità dei nostri rifugi e dell’ambiente circostante, così come si possono ancora ammirare in queste vecchie cartoline.

Alberto Zanellato