Menza Gino (Rifugio) (distrutto)

Menza Gino (Rifugio)

Menza Gino (Rifugio)

La Valle del Bove negli anni ’30 del secolo scorso presentava un paesaggio assolutamente diverso da quello odierno, desertico e infernale. Al tempo non era interessata da eruzioni da oltre 70 anni e la sua superficie, sia pur costituita esclusivamente da colate laviche sovrapposte, era ammorbidita dal tempo e costellata da ampi spazi erbosi, che nella stagione invernale quando erano innevate, diventavano delle belle piste da sci, un fenomeno sportivo in ascesa a quell’epoca. Nel periodo estivo veniva sovente frequentata da comitive di escursionisti e alpinisti.
Tanta attività portò la sezione CAI di Catania all’idea di realizzarvi un rifugio.
Il terreno fu chiesto in vendita all’Arcivescovo di Catania, la cui “Mensa Arcivescovile” era proprietaria di vastissime estensioni di terreno sull’Etna.
Mons. Carmelo Patanè cedette per poche lire una superficie di 2500 mq. ma alla condizione che nel corpo del rifugio fosse edificata una piccola cappella con ingresso separato.
Il rifugio fu ultimato in cinque mesi e mezzo, fu inaugurato il 3 dicembre 1933 e dedicato al giovane alpinista Gino Menza, morto per caduta nel 1925 durante la discesa dalla parete della Serra del Salifizio in cordata con altri amici.
Il rifugio disponeva di due camerette da 4 posti letto ciascuna e due dormitori da 18 e 26 letti, per un totale di 52 posti e di una sala mensa munita di piano di cottura.
Il CAI di Catania lo tenne agibile fino al 1975, successivamente cominciò ad andare in rovina e la Sezione non ebbe le risorse finanziarie ne aiuti per provvedervi.
Nel mese di giugno 1992, durante le operazioni della Protezione Civile intese a ritardare gli effetti dell’eruzione, la creazione di un canale d’invito artificiale a sud di quello naturale, provocò l’invasione da parte del magma di tutto il bordo meridionale della Valle del Bove e il rifugio fu sommerso da oltre 30 metri di lava.


3 Risposte

  1. Pinuccio ha detto:

    Ho una foto scattata con altri amici dove si intravede una parte del rifugio da me visitato per ben due volte e mi ricordo di alberi altissimi nella parte in basso a sinistra. Ci andavamo a piedi partendo da Zafferana Etnea.
    E’ solo un bel ricordo.

    1. Alberto Zanellato ha detto:

      grazie per il commento sig. Pinuccio, l’intento del nostro sito è anche quello cercare di far riesumare vecchi ricordi ai frequentatori della montagna

  2. Francesco Mazza ha detto:

    Ricordo che alla fine degli anni 60 io e mio cugino ci siamo andati scendendo dalla schiena dell asino, impresa ardua specialmente il ritorno dallo stesso costone dove a metà strada c era anche una piccola sorgente dove i pecorai attingevono l acqua.
    Il rifugio era in condizioni pessime il legno delle cuccette era stato divelto ed usato per accendere il fuoco. Nonostante questo abbiamo dormito la.
    Gli alberi di faggio enormi si trovavano al piano del trifoglietto.
    Adesso solo distese di lava.

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